Un caso di Lutto

Vittoria e la Tempesta – un caso di Lutto
A cura del Dr. Gerry Grassi

Quando Vittoria entrò nel mio studio aveva gli occhi carichi di lacrime, posò la borsa su una delle due sedie che fronteggiano il tavolo, si sedette e la prese in braccio. Mentre affondava i polpastrelli nella pelle marrone le chiesi quale fosse il problema che la aveva condotta da me.

Vittoria non riusciva più a dormire e la sua unica ossessione era il pensiero del padre che si era tolto la vita improvvisamente, in un giorno di novembre. Ci concedemmo un silenzio, seguito da un sospiro. Potevamo iniziare. La borsa tornò nell’altra sedia e Vittoria cominciò a raccontare, si era aperto un varco. Avrebbe dovuto passare in mezzo a questo dolore per uscirne e sapeva che sarebbe stato doloroso e faticoso.

Le chiesi di raccontarmi attarverso delle lettere che avrebbe dovuto scrivermi la sera…
Ogni sera prima di addormentarsi…
Testa sul cuscino.
Avrebbe dovuto raccontarmi il giorno in cui era venuta a conoscenza della scomparsa del suo caro.
Avrebbe dovuto farlo ogni giorno, e ogni giorno arricchendolo di particolari, di sensazioni, di odori, di immagini…
Passandoci in mezzo per uscirne fuori.

Una relazione terapeutica è una interazione molto particolare dove ogni gesto, dove ogni non-gesto assume una forma. “Non si può non comunicare” avrebbe detto il grande Watzlawick. Possiamo costruire molte forme, e non ci sono forme giuste o forme sbagliate. Non esiste un unica realtà ma tante quanti sono i punti di vista degli osservatori, e nella mia pratica clinica mi sento molto vicino a questo concetto costruttivista.

Vittoria entrò per la prima volta nel mio studio nel mese di marzo, e a novembre andò per la prima volta a salutare il padre, a fargli visita. Poteva concedersi di pensarlo senza essere travolta da quel dolore. Accettare una scomparsa non significa dimenticare, significa non farsi travolgere da questa tempesta. Quando un marinaio si mette in viaggio sà che probabilmente arriverà una tempesta, il buon marinaio sa che la tempesta ha un inizio e una fine e che talvolta l’unica cosa possibile è abbassare le vele ed attendere che passi. Il marinaio non esperto all’arrivo della tempesta si lascia travolgere dalla paura, alza una vela, poi la abbassa, finchè la barca si ribalta. Non si può eliminare la possibilità dell’arrivo della tempesta. Come non si può elimnare la possibilità che arrivi il dolore e la sofferenza nelle nostre esistenze. Possiamo fare come il buon marinaio, come un maestro zen che lascia passare la tempesta, vincendo senza combattere.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci ricorda ormai da molti anni che la salute mentale è data dalla capacità di gestire il benessere e il malessere e non dall’assenza del malessere.

Vittoria adesso può concedersi il ricordo del padre senza essere travolta da questo dolore, e non passa più le sue giornate con l’ossesione di questo pensiero. Era proprio il suo tentativo di “non pensarci” che in realtà riportava puntualmente il suo pensiero su quell’evento.

Adesso può navigare in mare aperto pronta a fronteggiare la prossima tempesta…

* Il caso di Vittoria è reale ma il nome è inventato.

Approfondimenti Bibliografici

  • F. Cagnoni, R. Milanese – Cambiare il passato. Superare le esperienze traumatiche con la terapia strategica – Ed. Ponte alle Grazie
  • G. Nardone – Cavalcare la propria tigre – Ed. Ponte alle Grazie

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Una risposta

  1. carla di seriosenserpe ha detto:

    il lutto come lei dice è un mare in tempesta, ognuno di noi l’affronta in modo diverso. io ho visto la morte da piccola ti facevano sedere vicino il letto dei nonni morti e dovevi vegliarli insieme ai grandi. ti facevano baciare quel viso freddo come il marmo, perche era tua nonna! per un bambino è devastante. per il resto della vita quando viene a mancare qualcuno scappi non vuoi vedere ma poi arriva il giorno che riesci a metabolizzare il trapasso dalla vita alla morte e riesci a guardare quel corpo inerme freddo con consapevolezza e non più con paura.

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