La tv fabbrica di bugie

I principi psicologici su cui fonda la persuasione televisiva

Tre sono i principi psicologici che consentono alla Televisione di essere persuasiva.

  •  Il principio di realismo esperienziale.

Attraverso l’”identificazione primaria”, concetto con il quale la cinematografia definisce l’identificazione dello sguardo del telespettatore con il punto di vista della macchina da presa, si ritiene di essere testimoni oculari di un fatto visto in TV.

Attraverso la possibilità di vedere e sentire quello che la Televisione decide di farci vedere e sentire, si ritiene di fare un’esperienza completa e coerente, ma soprattutto libera e conforme al nostro reale interesse e al nostro modo di scoprire e conoscere il mondo, benché monca degli altri tre sensi e della contestualizzazione psicofisica.

Ma la televisione assume caratteristiche di onnipotenza, donandoci l’ubiquità e il teletrasporto virtuali, consentendoci di essere contemporaneamente in posti diversi e di spostarci da un posto all’altro nel tempo di una transizione audiovisiva.

  • Il principio di conformismo sociale.

 Già dimostrato da Asch nel 1956, con l’esperimento che lo rese noto nell’ambito della psicologia sociale.

Le interviste fatte alle persone comuni, genitori, nonni, bambini e perfino al capo manutentore, inserite nel filmato, erano tutte vere e sincere, ma sono state tagliate per mostrare solo quello che interessava far vedere e sentire; si è messo insieme, in un filmato, tutte le cose positive e, nell’altro, tutte le cose negative. In questo modo si è lasciato supporre, anche mostrando soltanto un limitato numero di persone, che tutto il mondo la pensasse come le persone intervistate, quindi che tutti pensassero che i campi giochi fossero brutti, in un caso, o belli, nell’altro, inducendo a conformarsi e quindi a cambiare opinione.

  • Il principio di autorità.

Principio psicologico secondo il quale è sufficiente dare l’idea di essere autorevoli per apparire competenti e credibili. Nel caso della televisione, il principio di autorità si sviluppa su due piani. Il primo, quello dell’autorità reale o presunta dell’emittente, quindi della stessa TV in quanto mezzo di comunicazione di massa, ed il secondo sull’apparente autorità dei soggetti ripresi. Con la scelta delle persone intervistate, quelle e non altre, per il fatto stesso di essere state inserite nel filmato, di averle fatte “apparire”, dando loro visibilità e quindi notorietà, si è lasciato supporre che fossero le uniche ad avere competenza a parlare; competenza dimostrata anche dalla capacità di esposizione e di sintesi frutto più del montaggio che delle loro reali capacità.

La seconda parte dell’esperimento di d’Auria, ci consente, oltre che provare le capacità persuasive della Televisione, anche di misurare l’efficacia quantitativa di tale potenzialità.

L’esperimento dimostra quindi che la televisione può far cambiare opinione anche quando si ha già un’opinione, certamente più di quanto lo stesso esperimento non abbia potuto dimostrare, per due motivi: il primo, perché i due video mostrati ai ragazzi, non hanno goduto della stessa autorevolezza della Televisione, né ci si è potuti avvalere, per la loro realizzazione, di tutta la capacità produttiva, tecnica e finanziaria propria della Televisione; ed il secondo, perché la somministrazione dei due sondaggi deve tener conto del principio di impegno/coerenza.

Questo accade perché quando una persona dichiara in qualche modo la sua opinione ad altre persone o esprimendola in un questionario, com’è successo nel primo sondaggio, è propensa ad essere coerente con quello che ha già detto o scritto.

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